Dr. Massimo Fochi
Psicologo e Psicoterapeuta

nato a: Pistoia

studio: Via Orafi 2 (P.zza Duomo), 51100 Pistoia

cell.: +39 338 4194605

e-mail: dott.massimo.fochi@gmail.com

Sito professionale: www.psicologiaepsiche.it 



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Vogliamo capire il mondo

Andiamo oltre le verità sensibili
Pubblicato il 19 agosto 2024 in Varie.
Stupore, meraviglia, terrore sollecitano la curiosità, il desiderio e la volontà di capire questo immenso mondo che ci circonda.
Il prodigio della nascita della filosofia nell’antica Grecia contiene già, in sé, alcuni dei nodi concettuali che produrranno, all’interno del cammino filosofico, quell’ulteriore meraviglia della razionalità umana che chiamiamo scienza e con la quale, solitamente, intendiamo la scienza galileiana, la scienza sperimentale e quantitativa che così profondamente impregna di sé la modernità. Ovviamente la scienza galileiana non ha potuto soppiantare completamente le due forme antecedenti di rappresentazione e spiegazione della realtà.
Come ci insegna Popper: “Tutta la vita è risolvere problemi”!
Infatti, come ben sappiamo, la realtà complessa nella quale siamo chiamati a vivere ci obbliga incessantemente a soddisfare questa necessità innanzitutto di ordine pratico.
Ma gli uomini non sono solo un corpo da proteggere, un tubo digerente e un apparato riproduttivo. Dunque i problemi non sono solo quelli di ordine pratico.
Gli uomini, da sempre, non abitano il mondo ma una sua rappresentazione, una sua visione ordinata e sensata che possa fungere da riduttore di angoscia e riesca a dare un senso prospettico al nostro essere qui in questa parentesi, breve e intensa, che chiamiamo vita.
In realtà la grande differenza cognitiva tra umani e animali risiede nel fatto che gli uomini hanno iniziato a dubitare che le informazioni, ricavate dai sensi, siano esaustive della realtà.
Il mondo sensibile ci va stretto e abbiamo capito che le nostre percezioni sono feritoie assai limitate che forniscono indizi preziosi ma parziali sul mondo.


Filosofia e scienza

Compagne di viaggio
Pubblicato il 21 febbraio 2023 in Varie.
Ricordo che, alcuni anni orsono, rimasi colpito da una frase di John Wheeler, fisico
di fama mondiale, (noto al grande pubblico per aver dato ai “buchi neri” il loro nome
così suggestivo) che col tempo ho imparato sempre più ad apprezzare: “La filosofia è
una cosa troppo importante per essere lasciata ai filosofi”.

Credo tuttavia che questa condivisibile affermazione vada adeguatamente completata:
anche la scienza è davvero troppo importante per essere lasciata agli scienziati.
I due ambiti del sapere si incontrano, si incrociano, si fecondano vicendevolmente.
Vorrei per inciso ricordare che la necessità di inserire la nota costante gravitazionale
nella “Relatività Generale” nacque in Einstein dalle sue concezioni filosofiche
sostanzialmente Parmenidee e che nel 1905, sempre Einstein, col suo articolo sul moto
Browniano, andò a dimostrare, rendendola scienza, una concezione filosofica,
l’atomismo, partorita oltre 2000 anni prima ad Abdera da uno dei giganti del mondo
classico, Democrito. Insomma questi paradigmi conoscitivi si intrecciano
inesorabilmente, inestricabilmente, talvolta persino ostacolandosi, comunque
condizionandosi.
Innanzi tutto credo si debba tornare a riflettere su un termine, filosofia, che talvolta
sembra un po’ desueto nel panorama culturale, pragmatico e frettoloso, del nostro
tempo dove, sovente, sembra che la filosofia possa essere considerata un retaggio del
passato, qualcosa di bello e di nobile ma ormai superato e quasi anacronistico.
Verso la scienza invece, specialmente in Italia, si percepisce una evidente diffidenza
se non un’esplicita ostilità.
Tra i motivi di diffidenza verso la scienza, oltre allo storico conflitto con le autorità
religiose, vi è certamente il ritenere che essa sia un castello di conoscenze rigido,
inespugnabile e arrogante, che pretende di sapere tutto e di potere tutto.
Ma la scienza non è questo, anzi, è esattamente il contrario!
Essa è un insieme di domande, di chi sa quanto sia ampia la propria ignoranza e che,
proprio a partire da questa, si interroga incessantemente per colmare le proprie lacune.
A me sembra che sia proprio questa attitudine dubitativa che più di ogni altra segnala
la parentela strettissima tra la filosofia e la scienza.
Galimberti ci dice: “La filosofia è un atteggiamento. L’atteggiamento di chi non smette
di fare domande e di porre in questione tutte le risposte, anche quelle che sembrano
definitive!”

Direi che la scienza eredita innanzi tutto proprio questo dalla filosofia, il socratico
“sapere di non sapere” ma invece di accettarlo passivamente, come lungamente fatto
nei secoli bui del medioevo, o di bearsi della propria ignoranza confidando in altro per
risolvere i problemi, essa cerca di reagire, si appassiona nel cercare le risposte che,
tuttavia, sa essere temporanee e perfettibili. Ovviamente, come ci insegna Popper, le risposte rinvenute, anche se in alcuni casi potranno rivelarsi corroborate e longeve, non
potranno mai ritenersi definitivamente verificate.
Insomma non è mai legittimo presumere di possedere la certezza di aver raggiunto la
verità.


Il nostro tempo

Pubblicato il 14 novembre 2022 in Varie.

Le diverse tipologie di malta che permettevano alle tante monadi sociali, di creare una collettività sono state, nel novecento, essenzialmente:

 il senso di appartenenza che io chiamo verticale, ovvero l’appartenenza ad una nazione, il nazionalismo;

 il senso di appartenenza orizzontale ad una classe, il socialismo;

 il senso di appartenenza ad una ecclesia, ad una fede, a valori religiosi e morali che apparivano o che si volevano universali.

 

Il nostro modello economico e il nostro assetto sociale hanno, in genere, spinto sempre più l’individuo verso la sua personale e solitaria affermazione, sottolineando la dimensione competitiva della dinamica sociale. Questo può piacere o non piacere ma ha avuto ed ha degli indubbi vantaggi, libera grandi risorse intellettuali, sprigionando creatività e impegno. Ovviamente con dei costi. Ogni assetto sociale ne ha!

Nell’età Vittoriana, la società viennese aveva nella repressione più o meno marcata della sessualità il costo prevedibile ed inevitabile per il suo funzionamento e nell’isteria la cifra espressiva, a livello di sofferenza psichica, di quel modello sociale.

Il nostro crescente solipsismo, pur avendo il merito di aver sostanzialmente liberato l’istintualità in generale e quella della donna in particolare, ha l’evidente difetto di far sentire sempre più solo l’individuo, isolato di fronte alla distesa immensa del possibile che gli si dischiude dinnanzi. Ed infatti è la solitudine esistenziale il dolore segreto e inconfessabile del nostro tempo, di cui la depressione rappresenta il correlato in ambito clinico.

Detto tutto questo il problema che mi sembra presentarsi non è il modello liberale in sé, così come sommariamente ho delineato, modello peraltro che già, come abbiamo visto, non è (e non potrebbe essere) privo di difetti e verso il quale, provo una sincera simpatia, ma la sua progressiva corruzione e decadenza.

Ho ascoltato negli anni giovani e adolescenti e ho trovato che molti di loro insistevano su un concetto: quel tale è un personaggio, è un vincente, lui c’è l’ha fatta. A far cosa mi chiedevo? Beh a far soldi e a diventare famoso. Questi i suoi meriti, gli unici dati che sembrano mantenere un senso, un valore residuo.

Dunque è evidente che la strada, il percorso tramite cui si accede ad essi, finisce per essere marginale per una fetta, tristemente consistente, della popolazione. Come ci dicono le storie sconvolgenti di soggetti omicidi rei confessi di genitori, di parenti, di vicini, se ti sei ritagliato la tua fetta di notorietà, essa costituisce un lavacro che monda da ogni colpa! Sei noto, sei famoso dunque.... sei degno di ammirazione e persino di amore. Una follia, un’alterazione completa dei nessi di causa effetto.

Nel nostro sempre più strano mondo valoriale non ricerchiamo più un “sono bravo”, “sono generoso”, “sono un genio”, “sono un eroe” e dunque grazie a questo sono divenuto famoso, fungendo magari da esempio, da stimolo per una sorta di ammirazione e magari di emulazione collettiva…. no no con una specie di cortocircuito tremendo, chi sia diventato in qualche modo famoso, trascurando completamente il “come” ed il “perché”, risulta per questo invidiabile e ammirabile!

La terribile pericolosità che si affianca alle grandi e positive potenzialità della televisione era già stata colta e magistralmente espressa da Karl Popper il quel breve ma estremamente interessante scritto che prese il nome di “Cattiva maestra televisione”. Quei rischi, possono evidentemente essere estesi a tutti i mass media.

Dunque tramite il circuito o meglio il cortocircuito mediatico si percepisce che un “nulla” è diventato famoso, magari con quel po’ di tamarro che non guasta e che contribuisce, in questa logica ridicola, alla creazione del così detto “personaggio”. Ma se quel “nulla” ce l’ha fatta allora tutti i nulla in circolazione, che non vogliono saperne di sottostare alle dure leggi della competizione sociale, alla necessità dello sforzo, dello studio, dell’impegno, del lavoro intenso, ma che al contempo non vogliono saperne di continuare a sentirsi tappezzeria, che sono narcisisticamente convinti di avere il diritto ad elevarsi, anche senza alcun merito, sopra gli altri, allora tutti loro finiscono per ammirare il loro idolo, quel “nulla”, che senza nessuna dote particolare, senza talento, (quindi somigliando loro terribilmente) ce l’ha fatta.

Quel “nulla” è la loro speranza, la loro garanzia che la fede, nella possibilità velleitaria del loro prossimo riscatto, non è mal riposta.

Se passa questo messaggio, ragazzi siamo finiti. La storia e ancor più il mondo globalizzato non fanno sconti, non permettono scorciatoie gossippare per affermarsi. Dobbiamo accettare la sfida, dura ma esaltante, che il nostro tempo ci propone e abbiamo solo due possibilità o la vinciamo declinando con volontà e impegno, all’interno del mondo del lavoro, della scienza, della ricerca, le nostre caratteristiche positive, la nostra intelligenza, la nostra creatività che davvero non sono seconde a nessuno o le nuove, motivate e instancabili realtà che stanno sorgendo ad oriente (India, Cina, Corea ecc.), ci spazzeranno via senza pietà!




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