Adolescenza tra legge e desiderio 4)

Bisogno e desiderio
Pubblicato il 19 agosto 2015 in Psicoanalisi.

La struttura superegoica necessita del limite per strutturarsi e del suo demiurgo terrestre, il padre che assomma in sé l’istanza che vieta, che limita, ma al contempo custodisce l’ideale, la spinta ad andare oltre, a desiderare in modo non mortifero ma generativo, creativo.

Il grande dono paterno è il dono della facoltà di desiderare.

Un buon genitore mostra che si può vivere in questo mondo in modo pieno, con slancio desiderante; è colui che mostra che il desiderio è una potenza che dà senso alla vita, con la testimonianza. La retorica educativa non serve quasi a nulla.

Il desiderio nel suo senso pieno è come una vocazione, una spinta che, seguita o no, decide della nostra vita. Può strutturarsi e manifestarsi in ambiti assolutamente diversi: il lavoro, l’amore, la famiglia, uno sport, la poesia, la politica ecc.

Se volessimo usare una metafora visiva del ruolo paterno lo assimilerei agli argini alti e sicuri di un grande fiume. Gli argini che limitano, vietano direzioni impossibili e mortifere ma al contempo consentono all’energia del fiume di defluire in modo pieno e libero verso mete accrescitive.

Il modello di vita legato all’eccesso che conduce senza molte mediazioni alla ricerca facile del piacere smodato e mortifero che prende le forme dell’alcoolismo, della tossicodipendenza ma anche della soddisfazione erotica impoverente e disperata che cerca appagamento nella prostituzione, necessita di una risposta rispetto ad una possibile domanda inquietante di fondo: Perché no?

Per cercare di dare una risposta a questa domanda inquietante, ci dobbiamo addentrare in una lettura delle principali strutture del desiderio.

 

Intanto è opportuno tracciare una prima linea di demarcazione tra bisogno e desiderio. Già in Freud si trova questa distinzione e chiaramente il desiderio va oltre la dimensione fisiologica e limitata del bisogno. Per la Psicoanalisi il desiderio si costituisce a partire dalle tracce mnestiche che permisero la soddisfazione di un bisogno. Si radica nel passato e si proietta nel futuro.

Nel linguaggio ordinario, tendenzialmente, siamo inclini a leggere il desiderio come un desiderio di appropriazione di oggetti, cose, (ma anche, talvolta, di persone) che non ha mai fine, che sente l’insoddisfazione quasi immediata rispetto all’oggetto raggiunto, agognato ma che poi rapidamente, improvvisamente non sembra più in grado di mantenere le promesse di gioia e di soddisfacimento promesse e sperate.

Sembra in fondo di sentir riecheggiare la lezione Schopenhaueriana del bisogno che inesorabile si riaffaccia alla soglie dell’Io seducendolo e ingannandolo con le sue promesse di felicità che in realtà, ad una appena più lucida analisi, mostra di essere solo una temporanea assenza di dolore.

Freud, che certamente fece per molti versi sua la grande lezione di Schopenhauer e vide  nel piacere, grande motore dello psichismo umano, essenzialmente un calo di tensione, un calo di dispiacere, parla di desiderio anche in questa accezione che potremmo dire, in fondo, nichilistica.

Continua

 




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