Il femminile 2

La donna nel medioevo
Pubblicato il 01 agosto 2013 in Il femminile.

La situazione della donna non mutò nel Medioevo, anche se la leggenda, in base alla quale si sarebbe discusso sul fatto che la donna possedesse o meno un anima, sembra sia una bufala.

Quella età fu dominata dal pensiero di Tommaso che tentò una sintesi tra Cristianesimo e categorie filosofiche derivanti dalla tradizione greca.

Dobbiamo ricordare che il pensiero di Tommaso fu profondamente influenzato da quello di Aristotele secondo cui, nell’atto procreativo, l’uomo “genera”  il figlio mentre la donna lo “concepisce”.

L’uso linguistico è rimasto inalterato fino a che non si è scoperto l’ovulo femminile, provando così che la partecipazione della donna alla generazione avviene in misura almeno pari a quella dell’uomo se non superiore poiché il DNA mitocondriale è quello femminile!

Così, tramite Tommaso d’Aquino, il concetto che il seme maschile sia l’unico principio attivo penetrò anche nella concezione medioevale.

Comunque l’idea che l’uomo sia il solo ad essere attivo nell’atto procreativo non fu elaborata da Aristotele, ma corrispondeva all’immagine che l’uomo aveva di sé anche in precedenza.

Già Eschilo, il padre della tragedia occidentale, vide l’uomo come il solo che generi. Perciò il fatto che Oreste avesse assassinato sua madre, Clitemnestra, non fu ritenuto tanto grave quanto lo sarebbe stato se egli avesse ucciso suo padre. “Colei che viene chiamata madre, non è la genitrice del figlio, bensì la nutrice dell’embrione appena seminato; è il padre che lo genera, lei porta il germe a compimento.”

La concezione della donna, vista come una specie di vaso con terra più o meno fertile per il seme maschile, sarà una teoria che sopravvivrà per millenni.

Inoltre Aristotele, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino pensavano in questi termini: “ogni principio attivo produce qualcosa di simile a sé”. Dunque dovrebbero essere generati sempre dei maschi, poiché in sé la forza attiva del seme maschile tende a produrre qualcosa di altrettanto perfetto, cioè un altro maschio. Tuttavia, per circostanze avverse, vengono fuori anche le donne, che sono pertanto un errore di percorso, ovvero dei maschi malriusciti. Aristotele chiama la donna “uomo mutilato” (Generazione degli animali 2,3).  E poi “...si deve supporre che la natura femminile sia come una menomazione”.

Fin dalla nascita, pertanto, secondo questa logica, ogni donna ha alle spalle un fallimento anzi, ogni donna è, incarna un fallimento.

Tommaso d’Aquino scrive: “Il celibato permanente è indispensabile per una pietà perfetta [...] Per questa ragione Gioviniano, (che fu condannato da Papa Siricio nel 390 in un sinodo; pure Agostino lo combatté nel “De bono coniugali” e nel “De sancta virginitate”.) che pose il matrimonio sullo stesso piano della verginità, fu condannato” (Summa Theologiae II-II q. 186 a. 4).

Così, chi tenti di innalzare il matrimonio allo stesso livello della verginità sarà, oggi come nel passato, considerato come uno che degradi la verginità allo stesso livello del matrimonio e diffami la Vergine per antonomasia, cioè Maria.

Tommaso d’Aquino finisce citando Agostino: “Niente abbassa tanto lo spirito dell’uomo dalla sua altezza quanto le carezze della donna e i toccamenti dei corpi, senza cui un uomo non può possedere la propria moglie” (Summa Theologiae II-II q. 151 a. 3 ad 2).

CONTINUA



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Tags: Femminile, femminismo, fenomeridi, concubine, etere
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